UNA RISPOSTA A MARONI

a quel volgare, triviale leghismo che Maroni ha permesso, in occasione del suo Congresso , di esporre striscioni con su scritto : “ Italia Mer….” e si avvolge nella menzogna “ Balotelli padano con pelle scura” mentre ai tanti bimbi nati e crEsciuti in Italia non gli si riconosce alcun diritto di nazionalità, vogliamo rispondere con una brillante nota scritta dall’amico Francesco Gallo ( quaderni del sud aprile-giugno 2012).

:::::::” L’insorgenza popolare del Sud
alla rapina dei Savoia”

La politica finanziaria dei Governi, che si sono succeduti all’ unità dell’Italia ed in particolar modo il trasferimento dal Sud al Nord di ingenti mezzi finanziari sia per pagare i debiti di guerra che l’ ammodernamento dell’esercito e per favorire lo sviluppo del Nord, specialmente quello del triangolo industriale,è stata certamente una tra le tante cause che hanno contribuito all’impoverimento del Sud.
Il trasferimento si è verificato, oltre che con l’introduzione della lira ( Nitti scrive che al momento della sua introduzione, “ nel Regno delle Due Sicilie furono ritirate 443,3 milioni di monete di vario conio pari al 65,7%,ovvero più della metà di tutte le moneti circolanti nella penisola mentre il Regno di Sardegna ne aveva 27,1 milioni”) – attraverso imposte dirette , cioè attraverso le tasse che riguardano i consumi ma non i redditi ed i patrimoni che venivano invece difesi strenuamente dal Governo, dal Parlamento, espressione di quella borghesia rapace ed opportunista del nord che, con la connivenza di quella meridionale ( sembra nulla essere cambiato da quel tempo ! ) e dei latifondisti, ha avviato un saccheggio sistematico delle risorse del Sud e, specialmente, una vera e propria spoliazione dei contadini.
Naturalmente non sono mancate le tasse dirette ( si pensi ai soprusi degli uffici del Dazio) sui beni di sopravvivenza dei contadini ( fondiarie sui poveri terreni,tasse sul grano, maiali, mucche , etc.).
Le tasse imposte dallo Stato unitario sono state quindi un vero e proprio drenaggio di capitali che dal Sud agricolo sono andate al Nord.
Tutte le inchieste che sono state fatte hanno dimostrato che il SUD ha pagato sempre di più del Centro Nord e che, mentre a Nord le tasse rientravano attraverso gli investimenti, al Sud non arrivavano. Non solo. Col tempo i prelievi dal Sud passarono anche attraverso il consumo dei prodotti del Nord.
Naturalmente l’impoverimento del Sud, ch’è stato sempre funzionale all’arricchimento del Nord, non è passato solo attraverso la politica finanziaria ma anche attraverso la politica economica, quella industriale, quella edilizia, quella militare ( si pensi alla guerra civile) ed anche attraverso la concessione di privilegi a molte ditte del Nord.
Basta ricordare, solo per fare qualche esempio significativo, che :
- per ciò che concerne il settore industriale, l’attività della grande fabbrica di Pietrarsa, la più grande allora in Italia, è stata bloccata perché le commesse per le strade ferrate sono state affidate dallo Stato prima ai francesi e poi ad aziende del Nord; per ciò che riguarda il settore tessile, mentre le aziende del Nord sono state aiutate dallo Stato quelle del Sud sono state abbandonate;
- i grandi appalti, se si esclude qualche sporadico caso ,sono state affidate alle ditte del centro-nord;
- dopo l’iniziale liberismo, negativo per l’artigianato e le industrie del Sud, negli anni 87/88 lo Stato introducendo una politica protezionistica, ha provocato la chiusura dei mercati esteri, specialmente di quello della Francia irritata dall’iniziativa italiana, per i prodotti agricoli del Sud (olio, vino, agrumi).
Si è trattato di un grave impoverimento anzi di un vero e proprio soffocamento che ha determinato un’enorme disoccupazione e, di conseguenza, quel processo emigratorio che ha spogliato e continua a spogliare il Sud dei giovani e delle sue forze migliori.
Eppure nei primi anni dell’unità la situazione del Meridione dal punto di vista economico non differiva da quella del Nord.
Recentemente gli economisti Vittorio Daniele e Paolo Malanima, concentrando la loro attenzione sul Pil pro-capite delle varie regioni italiane dall’unità (1861) al 2004 hanno dimostrato che all’inizio del processo unitario non c’erano divari rilevanti tra le varie regioni italiane.
Lentamente ma inesorabilmente il divario si è accentuato :
- secondo uno studio fatto da Sereni i proprietari del sud che nel 1861 erano 191 su 1000 abitanti, nel 1881 erano appena 118;
- dopo 150 anni dall’unità e dopo 63 anni di governi democratici , il 10% della popolazione ( leggi grossa borghesia , specialmente quella del Nord)possiede il 50% della ricchezza nazionale mentre l’altro 90% possiede il rimanente 50%.
Quest’ultimo dato parla da solo e dimostra che in tutte le fasi di questa nostra storia una VERA UNITA’ non c’è mai stata (o non la si è voluta fare) e che il Sud è stato sempre sfruttato.
Insomma un uso violento o distorto del potere che ha determinato nel Sud disoccupazione, miseria, emigrazione, mafie o, al più, assistenza clientelare.
Per usare le parole dello storico De Rose, la nostra è stata … “ una storia irreale e violenta, dettata ed imposta da leggi del mercato più forte, dalle leggi del protezionismo di ferro, usuraio e sfruttatore, applicato con la prassi del più sconcio trasformismo clientelare, a servizio di uno sviluppo capitalistico pressochè uniforme al Nord , a singhiozzo alle isole ed al Sud “.
Testimonianza inconfutabile della realtà economica della Calabria e della politica finanziaria italiana che, nei decenni successivi all’unità, è stata particolarmente vessatoria soprattutto nei confronti dei contadini , ma anche espressione della consapevole scoperta che la speranza di riscatto del Sud negli anni successivi all’unità si era tradotta in un servaggio, è la poesia dialettale che ( pubblicheremo ) .
Si tratta di una poesia che, al di là dei suoi limiti cronologici ,in quanto condanna senza appello della nostra classe dirigente e dell’illecito arricchimento di pochi, interpreta lo stato d’animo attuale di buona parte della popolazione ed in particolare del Sud e dei calabresi
L’autore di questa poesia che pubblicheremo è il sacerdote Giuseppe Monaldo, poeta dialettale di Filadelfia, prima dell’unità patriota e perseguitato dall a Curia, poi strenuo oppositore della politica dello stato unitario.